LA CONSERVA DI POMODORO DI MIA NONNA FERNANDA - In Cucina con Dani

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LA CONSERVA DI POMODORO DI MIA NONNA FERNANDA

Ebbene si, oggi ho chiamato Nonna Fernanda; mia nonna, la veneta. Un vero scrigno di ricordi autentici di una gastronomia che posso assicurarvi che oggi possiamo anche sognare.
Mi sono fatto raccontare come veniva fatta la conserva di pomodoro nel podere dove è nata la mia famiglia materna e che valore aveva durante l'anno.

Verso la fine d'agosto, i pomodori san marzano, nell'orto del podere diventavano ben maturi e prendevano quel colore rosso, vivido, accesso, tipico dell'estate, della bontà dei prodotti (completamente biologici) e venivano raccolti e posti su delle reti di ferro o in alcune cassette, per esser lavorati di lì a breve.

Io già immagino la scena: nell'orto posto a destra del viale d'ingresso del podere dietro gli alberi di pere, alcuni miei parenti si apprestavano ad effettuare la raccolta del pomodoro, con quel tipico sole di fine agosto, che porta verso settembre e che colora la terra di quel marrone ed arancione intensi. Qualcuno di loro assaggiava il frutto appena raccolto, inondando la propria mano di rosso, dolce che ho sempre trovato nei pomodori della mia terra.
Tra le risate e le storie raccontate dai braccianti un pomodoro dietro l'altro entrava nelle cassette, che di li a poco sarebbero state trasportate sotto il pergolato di edera per esser trasformato in conserva.

Il mattino dopo, di buonora tutta la famiglia si riuniva sotto la pergola e iniziava la lavorazione del pomodoro. 
C'era chi lo lavava in alcuni bigonzi pieni d'acqua, chi lo tagliava a metà e lo "sgniccava" (lo premeva) poggiandolo sul tavolo posto all'ombra e chi invece lo tritava in una macchina apposita, che è ancora lì dopo tutti questi anni, e che faceva scendere la polpa in alcune bottiglie di birra lavate e disinfettate per l'occasione. In ultimo c'era chi le tappava con quel tipico tappo a corona e con un macchinario apposito. 

Nei primi anni della mia infanzia, ricordo che questa pratica si faceva ancora assiduamente tutti gli anni e credo sia stata portata avanti fino a circa 7/8 anni fa. Ciò che mi ricordo con particolare lucidità è mio nonno che seduto su un angolo metteva i tappi alle bottiglie ed io che avrò avuto circa 6 anni che lo aiutavo, perchè da bambino sporcarmi le mani di pomodoro non faceva per me. L'odore acre e dolce allo stesso tempo è invece ancora vivo nella mia mente, quello era il profumo che ancora oggi associo alla fine del mese di agosto.

Le bottiglie venivano poi trasportate sul retro del podere e adagiate dentro un vecchio bidone di ferro, a sua volta posto sopra un piedistallo. Le bottiglie messe meticolosamente erano coperte d'acqua e da alcuni mattoni di terracotta che le tenevano ben ferme.
Sotto il bidone, si accendeva il fuoco con della paglia, raccolta dopo la mietitura del grano a giugno ed una volta raggiunto il bollore dell'acqua si lasciava bollire per circa 3 ore.
Passato questo tempo, le bottiglie raffreddavano e il mattino successivo venivano tirate fuori e stipate nel ripostiglio sotto le scale, al buio.

Nella telefonata con mia nonna, ho capito che il valore di questo pomodoro era davvero inestimabile, serviva a sfamare la famiglia per tutto l'anno, fino all'agosto successivo. Questa salsa dal colore intenso e dal sapore autentico era utilizzata, come utilizziamo comunemente la passata che oggi acquistiamo al supermercato.

La pasta, le carni e la pizza cotta nel forno a legna che ancora resiste davanti al podere, prendevano quel gusto inconfondibile.

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